sabato 18 aprile 2015

Ridefinire cose

                                             
Questa volta vi parlo di  


Ridefinire cose
a cura di Sonia Patrizia Catena

Che cos'è?


E' un progetto finalizzato alla valorizzazione e alla diffusione di una nuova estetica dell’accessorio, da un’idea della curatrice Sonia Patrizia Catena.
Ridefinire cose tramite il design come processo d’innovazione che implica progettazione, ricerca e soluzioni innovative.
Oggi il made in Italy dovrebbe promuovere una forte innovazione, produrre ricerca e stimolare un continuo dibattito culturale e scientifico dove integrare il sapere tangibile e distintivo, la capacità progettuale e manifatturiera e, soprattutto, distributiva e comunicativa.
 Impiegare materiali differenti e ricercare soluzioni alternative permette alla materia di guidare la creazione entrando in un dialogo serrato con il designer e la progettazione.
I materiali presentano energie proprie che grazie all’artista e all’artigiano riescono a esprimersi in una determinata polifonia e in un preciso pattern ritmico. I materiali co-agiscono fra loro, sono memoria del gesto che li ha formati, strutturati, elaborati, con il fine di sviluppare un racconto comune, un discorso identitario che rappresenti l’individuo.
Come diceva Bachelard “ogni materia immaginata, ogni materia meditata, è immediatamente l’immagine di un’intimità”, una sorta di comunicazione del proprio io, del proprio know how, laddove ogni oggetto reca in sé le tracce del suo creatore.

Questo è il progetto con il quale ho partecipato al bando di selezione,  è stato realizzato con fondi in alluminio


Sarà in mostra dal 19 aprile al 15 maggio, assieme agli altri progetti selezionati.


                                                                                           In mostra:
Anna Argentino, Antonella Fenili, Antonella Soria Mimmo Castello &Flavio Risi, Cristina Ricci Curbastro, Daniela Poduti Riganelli, Divertissement by Agnese Del Gamba, Elena De Paoli, Estrodiverso, Giovanna Monguzzi, Maracanta, Nicoletta Dal Vera, Paola Zorzi, Sandra Faggiano, Sogni d'arte, Tania Fabbri - Elek  

                                                      Dal 19 aprile al 15 maggio
Inaugurazione domenica 19 aprile, ore 17.30

Circuiti Dinamici
via Giovanola, 21 Milano
MM2 Abbiategrasso



venerdì 20 marzo 2015

Ma i bambini sognano ancora davanti alle vetrine?


Questa è una foto vintage che mi ha colpita: per un attimo mi sono ritrovata nei panni della bambina che guarda le bambole esposte nella vetrina del negozio.
Una foto che mi ha riportato indietro nel tempo, quando da bambina mi fermavo ad ammirare i giochi esposti nelle vetrine, sognando di poterli toccare. 
E mi sono chiesta se i bambini di oggi sognano ancora davanti alle vetrine. 
Molto è cambiato da quando ero bambina: la società, i sistemi di vendita, i giochi stessi.......e credo anche i bambini!
Anzitutto i negozi sono diminuiti (e conseguentemente anche le vetrine) in maniera inversamente proporzionale alla crescita dei grandi centri commerciali: è arrivata la massificazione del giocattolo, non esiste più il negozio che aveva quella cosa particolare, e magari la trovavi solo in QUEL negozio. 
C'è una bella differenza tra l'ammirare le cose esposte in vetrina e percorrere i corridoi strabordanti di merce nei centri commerciali: tra il bambino che osservava gli oggetti dentro la vetrina e gli oggetti stessi c'era una barriera fisica, il vetro appunto. 



Questo faceva sì che ciò che era visibile al di là del vetro non si potesse toccare, e trasformava la vetrina in un mondo magico, vedere e non poter toccare ingigantiva il desiderio di avere quell'oggetto tutto per noi. Ma questo significava entrare nel negozio, chiedere di vedere (e solo vedere....il toccare con mano era ancora di là da venire!)  e il varcare la soglia del negozio diventava già una dimostrazione dell'interesse all'acquisto. Con il benestare della mamma, ovviamente, che non era poi così disponibile all'idea dell'acquisto!


Oggi nelle corsie dei centri commerciali, invece, abbiamo tutto a portata di mano, si vede, si prende, si tocca, a volta si gioca anche mentre i genitori si dedicano agli acquisti.


 Tutto questo credo abbia portato alla svalutazione dell'oggetto, non è più quella cosa che si sognava di poter avere finalmente tra le mani e che, a volte, si riusciva ad avere dopo mesi di suppliche e di nasi incollati alla vetrina. Nel momento stesso in cui  l'oggetto del desiderio arrivava nelle nostre mani veniva trattato come una cosa preziosa, si conviveva con la paura di sciuparlo o rovinarlo e si cercava di averne la maggior cura possibile.


A volte invece non era possibile averlo. E in questi frangenti l'oggetto del desiderio acquisiva ancora maggior valore, diventava un qualcosa di tanto desiderato, ma irraggiungibile.

Non so se sono più felici i bambini di oggi, che hanno tutto a portata di mano, e molto più di ciò che hanno avuto i bambini della mia generazione: quello di cui sono certa è che hanno molti sogni in meno!

Voi che ne pensate?

domenica 1 marzo 2015

Qualcosa di me

In tutti questi anni non ho mai raccontato nulla di me, non amo parlare di me stessa se non in ambito creativo.  L'articolo scritto da Marta Abbà, giornalista, su Omnimilano startup riempie parzialmente questa lacuna: partendo da una collezione che sto portando avanti da tempo (e di cui vi racconterò più avanti) racconta anche qualcosa di me, del mio percorso e delle mie follie (o deliri?) creative. 
Ho incontrato Marta ad un evento a cui partecipavo come espositore  e, chiedendomi informazioni sulla collezione, mi ha raccontato di essere rimasta colpita da tutti quei volti dipinti: da lì è nato l'articolo.
Qui sul blog mi firmo come Marshall, uno pseudonimo che avevo scelto quando ho aperto il blog, e qualcuno si sarà chiesto il perchè di questa scelta. All'epoca scelsi uno pseudonimo che mi rappresentava: amo la musica, in particolare quella rock - blues, e Marshall è una nota marca di amplificatori acustici per chitarra e basso elettrico, quelli che nei concerti sparano la musica a mille, che danno una scarica di adrenalina.
Ecco spiegato il perchè di Marshall.
Se vi va di leggere qualcosa su di me andate a questo link e ci troverete l'articolo di Marta che racconta............un po' di me. E se avete voglia di seguirmi venite a trovarmi su questa pagina e, se vi garba, cliccate Mi piace per seguire gli aggiornamenti

                                             

 

Alla prossima!

martedì 17 febbraio 2015

Eroi di cartone

Eccomi a togliere le ragnatele al mio blog: sono stata a lungo indecisa sulla sua chiusura, poi ho deciso di lasciar passare il tempo e stare a vedere l'evolversi degli eventi personali. Un blog ha bisogno di essere seguito e alimentato, ha bisogno di tempo da dedicare......il tempo che a me manca!
Ma, comunque sia, rieccomi qua, tempo ne ho pochissimo, vorrà dire che sarò meno assidua di un tempo.
Vi chiederete il perchè del titolo: "Eroi di cartone" è una riflessione che parte da una collana, 
questa



Fa parte della collezione Paper Comic Strips, una collezione che ha avuto successo tra chi apprezza le mie follie.
E' realizzata con fumetti vintage di Diabolik, ogni collana è una mini storia da portare al collo.


Proprio la scelta del fumetto mi ha portato a fare una considerazione su come siano cambiati gli eroi dei fumetti: in meno di 50 anni sono cambiati il concetto di eroe, la grafica, la tipologia delle storie raccontate. Certo, Diabolik proprio un eroe non era, ma rappresentava il prototipo del ladro- gentiluomo invincibile e fedele.


Forse qualcuno tra i più avanti con gli anni se lo ricorderà

Eroi di cartone 

era il titolo di una trasmissione per la TV dei Ragazzi trasmessa dalla RAI tra il 1970 e il 1973 e divenne piano piano una vera e propria rassegna del cinema d'animazione; proponeva cartoni conosciuti e inediti, da Asterix a Spiderman, da Charlie Brown a Braccio di Ferro.
I cartoni erano divisi per tematiche che andavano dal consumismo, all'intolleranza, dai superuomini alla donna.

La sigla della trasmissione era cantata da Lucio Dalla, qui sotto ne trovate un assaggio.


                                               






Cosa è cambiato da allora nel mondo dei fumetti?

 Molto.

 A cominciare dalle matite che li disegnavano, grandi nomi passati alla storia.
  Sono cambiate le tematiche: per fare un esempio, nei fumetti di quegli anni il cattivo era condannato come qualcosa di inaccettabile, oggi può diventare l'eroe del fumetto stesso, Cattivissimo me ne è un esempio. 

Il fumetto dei miei anni di bimba aveva una potenza che affascinava  e un valore narrativo paragonabile alla letteratura, era anche pedagogico.

Trovo che nei fumetti di oggi queste prerogative si siano perse.
E me ne dispiace. E voi che ne pensate?