giovedì 20 dicembre 2012

Candles at home


Maya permettendo.......


eccoci in vista del natale,  periodo nel quale si registra un incremento alla vendita di candele. Gettonatissime dai fan della new age, dagli innamorati, dai seguaci delle ultime tendenze di interior design, sono quasi d'obbligo accanto all'alcova o nelle sale da bagno di moderna concezione, per non parlare di romantiche cenette a due. E pensare che fino al secolo scorso erano solo la principale fonte d'illuminazione nelle case. Oggi le apprezziamo in quanto belle, profumate, decorative: creano atmosfera, rilassano e danno un tocco personale (spesso anche profumato) alla casa. Molti le acquistano per farne dono a natale, e ce ne sono alcune che sono delle piccole opere d'arte. 



Belle sono belle, profumate anche, regalano atmosfera.....ma sono innocue come sembrano? 

Pare di no

Nel mercato delle candele si sono buttati anche produttori smaliziati, che puntano al guadagno a scapito della qualità: le candele sono tutte fatte di cera, ma dobbiamo intenderci sul termine "cera".

Le cere si dividono in categorie:

ci sono le vegetali (cera di soia, palma ecc.)



 le animali (cera d'api, stearine)





minerali (paraffine). 



La maggior parte delle candele in commercio è a base di paraffina, un derivato del petrolio, bianca, inodore, dannosa per la salute.




Poi c'è lo stoppino, che è l'anima della candela: è quel sottile filo di cotone che permette alla candela di bruciare nel modo giusto. Se lo stoppino è in nylon, bruciando sviluppa diossine, ma ci sono anche stoppini con anima in piombo! 
Infine ci sono le profumazioni, spesso ottenute con sostanze chimiche irritanti o allergizzanti: è difficile fare una candela usando oli essenziali naturali. In genere se sono di buona qualità sono costosi e spesso presentano problemi di miscelazione con la cera delle candele, di conseguenza i produttori usano fragranze sintetiche magari unendo coloranti dello stesso tipo, che bruciando rilasciano particelle non propriamente sane. Nelle candele prodotte industrialmente vengono spesso usate tinture a base di anilina (composto aromatico con struttura base di un benzene) vale a dire tossico e nocivo per l'ambiente.
Quando si bruciano candele di bassa qualità, vengono liberate nell'aria particelle di piombo e non è che ci facciano molto bene! Accendendo delle candele per cinque ore in una stanza non molto ampia, il fumo sprigionato dalla cera di paraffina che brucia, presenta picchi di sostanze dannose come il toluene e il benzene.


Allora rinunciamo all'atmosfera magica in casa?

 Ma và!!

Come sempre il problema si pone per chi esagera, accendere una candela alla paraffina di tanto in tanto non comporta alcun rischio.

Ma ci sono sempre le valide alternative naturali come la cera d'api o la soia. Per produrla si utilizza la cera che le stesse api producono per creare le celle del favo: il suo colore è giallo intenso ed è più pregiata e sana.



In conclusione: quando acquistiamo le nostre candele leggiamo bene l'etichetta per capire la provenienza della cera e diamo la preferenza a quelle di provenienza certa, di materiali naturali , magari non profumate. Per la profumazione potremo sempre contare su altri rimedi come ho già spiegato QUI. 
Accendere ogni giorno lo stoppino in ambienti chiusi rischia di rovinare la salute e se atmosfera da candela dev'essere, meglio scegliere con cura. 
.





Alcune immagini sono tratte dal web. Se, per qualunque motivo la cosa non fosse gradita, prego gli interessati di segnalarlo via mail: verranno subito rimosse.

sabato 8 dicembre 2012

Il presepe del lago

Si avvicina il natale, ognuno ha le proprie abitudini e tradizioni: c'è chi ama l'albero di natale, chi il presepe e chi non ama fare nè l'uno nè l'altro. A me piace fare sia l'albero che il presepe, ma non un presepe qualsiasi. Questo è un presepe che ho fatto assieme a mio figlio molti anni fa, nato per caso quando ancora riciclo e riuso erano di là da venire.




E' nato in modo casuale, durante una passeggiata invernale sulle rive del lago Maggiore: sulla spiaggia sassosa abbiamo trovato pezzi di legno levigati dalle acque, ciottoli bianchi, frammenti di mattoni e mattonelle. Li abbiamo raccolti, portati a casa e sistemati nello scantinato, senza sapere bene come li avremmo utilizzati, e lì sono rimasti per parecchio tempo. Poi un giorno, mentre cercavo tutt'altra cosa, me li sono ritrovata tra le mani .......e all'improvviso mi è venuta l'idea: facciamo il presepe! 
Ho utilizzato come base il coperchio di una scatola di legno che si era rotta e l'ho ricoperta con tritatura di tappi di sughero (che ho ricavato grattugiandoli con una comunissima grattugia formaggio a mano). Poi con un sasso, un pezzo di mattone e qualche legno, abbiamo costruito la capanna.






Con i ciottoli bianchi abbiamo fatto la stradina.




 Il legno più lungo, unitamente a dei rametti raccolti in giardino, si è reso utile per fare la staccionata.



Con i sassi più piccoli e l'aiuto di due pezzettini di stoffa, abbiamo costruito Giuseppe ....


........e Maria



.......e con un pezzetto di corteccia e due ciottolini di mattone rosso, è nato il bambinello.





 Il sacco di juta e la scopa appoggiati alla staccionata, sono stati recuperati da una vecchia calza da befana che giaceva dimenticata in un cassetto.




E le pecore? 
Un tappo di sughero rivestito di cotone per il corpo, qualche stuzzicadenti per le zampe e un pezzetto di carta per la testa.




 Questo presepe, povero di materiali, nato dal nulla, da molti anni ci tiene compagnia per tutta la durata delle feste.





Io lo chiamo il presepe del lago, perchè i materiali sono arrivati da lì, dalle sponde del lago Maggiore, che con l'aiuto del tempo, delle piogge e del lavorio delle acque hanno levigato e sagomato ciottoli, legni, sassi.

La natura ci offre materiali stupendi, basta saperli guardare con occhi attenti e diversi e con poca spesa e tanta fantasia, possiamo avere qualcosa di unico.

E poi, volete mettere il divertimento e la gioia di fare qualcosa assieme a vostro figlio?

 Come recita una pubblicità "NON HA PREZZO!"

venerdì 23 novembre 2012

Un'occhiata sulla ferrovia


Mese di settembre, pomeriggio avanzato.


Sono in giardino e guardo gli ultimi fichi maturi sui rami più in alto della pianta. Sono indecisa se arrampicarmi sui rami o prendere la scala, di certo non li lascio da pappare ai merli, che già se ne sono mangiati una buona metà! 


Alla fine decido di arrampicarmi. 
Dopo averne colti un paio mi casca l’occhio oltre la recinzione del giardino, lì dove passano i binari del treno e, proprio sulle rotaie, noto un sacco nero, tipo spazzatura, che si muove vistosamente. Resto lì a guardare senza sapere bene che fare, penso “Potrebbe esserci dentro qualche topo, sulla ferrovia girano certe pantegane…..”. Ma chi mai potrebbe chiudere dei topi in un sacco? Solo un deficiente…..Questione di qualche secondo e la decisione è presa: dal ramo scavalco la recinzione e vado verso il sacco, graffiandomi alla grande tra i rovi, che lì non passano mai a ripulire. Do un’occhiata che non ci siano treni in arrivo (piuttosto dura la cosa, la media è di un treno ogni 3 minuti) e infatti già c’è n’è uno che compare fischiando. Corro, prendo il sacco che non è né grosso, né pesante e me lo porto in giardino, rifacendo lo stesso percorso dell’andata. Non faccio in tempo a rientrare nel giardino che il treno, trasporto merci, passa sferragliando rumorosamente. 


Penso che se avessi aspettato solo qualche secondo, qualsiasi cosa ci fosse nel sacco sarebbe già spiaccicata. E a questo punto  mi scatta la paura di vedere cosa c’è dentro, visto che si agita paurosamente, ma non ne viene nessun rumore. Vado a prendere delle forbici e taglio la plastica, indietreggiando velocemente di qualche passo: ne escono due schegge nere che corrono come impazzite. Guardo meglio......le schegge si rivelano essere due gattini! 




Spariscono dentro un cespuglio, cerco di recuperarli, ma niente da fare. 
Inavvicinabili! 
Per un mese li ho visti andare avanti e indietro sul filo delle recinzioni tra me e i miei vicini, li osservavo da lontano, magri da far paura, affamati, sempre con la coda bassa tra le gambe, terrorizzati da tutto. Gli lasciavo da mangiare e da bere fuori, e la porta dello scantinato aperta nel caso volessero rifugiarsi. Ma loro niente, alla larga sempre, dormivano sui rami degli alberi, anche con la pioggia battente, fradici come due pulcini. Se solo tentavo di avvicinarmi, vedevo che con gli occhi cercavano una via di fuga già a due metri di distanza.



Ci ho messo due mesi, tanta pazienza, tono della voce pacato e gesti lenti per convincerli a fidarsi di me. 
Delle due signorine (perché di signorine si tratta) una è a pelo corto e l’altra a pelo lungo. Tutte e due nere, ma due tonalità di nero differenti. Due sorelline che non si somigliano né fisicamente né per carattere. Due pelosette eliminate in quanto femmine, da quel bastardo (e uso il genere maschile per intendere genere umano) che non solo le ha buttate in un sacco come fossero spazzatura (e  vista le magrezza penso che nemmeno le nutriva), ma le ha messe sui binari per avere la certezza che non restassero vive. E neppure erano piccolissime, visto che quando le ho trovate avranno avuto tre mesi. E si notano i traumi che hanno subito, sono un po’ problematiche: quella a pelo corto è iperattiva, non sta ferma due secondi, graffia e morde a tutto spiano; la pelosona è introversa, non miagola, intoccabile, ha il terrore delle mani. Solo ieri, dopo che son trascorsi due mesi, sono riuscita a farle una carezza, non si è mossa ma tremava vistosamente e lo sguardo è ancora terrorizzato……chissà cosa le hanno fatto! 
Per forza di cose, il prossimo passaggio sarà dal veterinario per le vaccinazioni e sterilizzazioni. Ma devo aspettare che si fidino completamente di me, anche riuscire a prenderle è un problema! Ci sono però dei segnali che mi incoraggiano: quando mi vedono le loro code si alzano dritte (e questo è un buon segno), giocano molto tra di loro, cominciano ad affacciarsi alla porta di casa.



Quanto al bastardo che le ha trattate in questo modo, avrei parecchio da dire con linguaggio non propriamente da signora. Ma siccome sono una signora, prendo a prestito una delle citazioni di Antonio Albanese nei panni del personaggio di Alex Drastico.

"Cornuto!"
"Prego madre natura perchè ti venga un "raschio"in gola talmente potente che a forza di tossire ti si scolli il velopendulo e, in caduta libera lungo l'esofago, ti vada a tappare nell'ordine: polmoni, bocca dello stomaco e parte terminale dell'intestino!" 



domenica 11 novembre 2012

Ancora tu?? Ma non dovevamo vederci più?


Un amore che torna?

No, solo i cari vecchi sacchetti di plastica ai quali eravamo tanto abituati!



Vi ricordate?

Tutto cominciò nel 2007, quando nella finanziaria venne inserito il divieto di produzione e commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili, che divenne operativo il primo gennaio 2010.

Ma cos’è biodegradabile? E cosa non lo è? 

L’articolo 2 della legge 28/2012 stabiliva che i sacchetti dovessero  avere uno spessore di 100 micron se destinati all’uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi: questo, in sintesi, il concetto di biodegradabile.
Cosa dice la legge in vigore. 

In sostanza, i sacchetti monouso (quelli del supermercato, per intenderci) devono essere non solo biodegradabili ma anche compostabili, e quindi prodotti con bioplastiche (per esempio risultato della lavorazione di amido di mais o di patate). 


Quelli riutilizzabili possono essere di plastica ma devono avere uno spessore minimo che non scende mai sotto i 60 micron (per i sacchetti usati dai negozi di abbigliamento e calzature, per esempio) ma può arrivare fino a 200 per le borse ad uso alimentare.
I sostituti delle borse in polietilene, ovvero i mater-bi, non sono risultati però troppo graditi agli italiani. Fragili e suscettibili di  tagli, più costosi dei precedenti, sono stati visti come una sorta di buco nell’acqua e lo scontro tra bioplastiche e plastiche bioaddittivate è comunque molto vivace. Anche perché, ottenere sacchetti dal mais potrebbe essere considerato eticamente scorretto, specie in un momento in cui la crisi, anche alimentare, si sta facendo sentire in quasi tutto il mondo.
Si moltiplicano però le ricerche delle possibili alternative: l’obbiettivo quindi, non è solo quello di evitare l’impiego del petrolio per la produzione dei sacchetti, ma anche delle materie prime da destinare piuttosto all’alimentazione.  

Quindi spariti i sacchetti di plastica?
 No.

No, perché il soggetto che ha spinto l’Italia a lanciarsi in questa lotta contro i polimeri non biodegradabili, cioè l’Unione Europea,  lamenta che il divieto imposto dalla normativa nazionale italiana non sarebbe giustificato: ci dice in pratica che il divieto alla circolazione dei sacchetti con spessore inferiore ai 60 micron non è giustificato.
Non si può  vietare la circolazione di un bene che è conforme agli standard europei degli imballaggi. Insomma, come spiegano le direttive, bisogna creare degli incentivi e non dei semplici divieti, anche perché non si può vietare ciò che viene ammesso per legge.


Cerchiamo di fare il punto della situazione. 

La norma europea identifica il concetto di biodegradabilità e compostabilità nei sacchetti monouso, ovvero quelli dei supermercati, che ci dice  che devono essere prodotti con bioplastiche e non devono contemplare metalli pesanti.
I sacchetti riutilizzabili possono essere di plastica ma il loro spessore minimo arriva fino a 200 micron per uso alimentare, mentre possono essere di 60 micron per uso non alimentare come ad esempio quelli usati nei negozi di scarpe. E questo per l’Europa non va bene perché non esiste nessuna norma che spinga verso questa direzione e fa notare che è stata orchestrata una campagna anti-sacchetti del tutto inconsistente.

E se il divieto venisse annullato? 


Potrebbero tornare i vecchi sacchetti di plastica!

 In mezzo a questo marasma di leggi, che ha il solo potere di farmi venire il mal di testa, faccio una mia considerazione: la lotta all’inquinamento è ovviamente un obiettivo da perseguire con tutte le nostre forze, sia come cittadini, sia come amministratori, e cosciente di questo, me ne frego dei sacchetti e uso le borse di stoffa! 
Sono pratiche, resistenti, durano tantissimo e le posso anche lavare. 
Meglio di così!!



domenica 28 ottobre 2012

PYL



No, non è il PIL (Prodotto Interno Lordo) ma PYL ossia PAINT YOUR LIFE.
 Conoscete questa trasmissione? 
Sicuramente si. Mi è capitato di vederne qualche puntata e vorrei spenderci due parole. 
Semiserie.
Partiamo dalla conduttrice, Barbara Gulienetti,  non è che mi entusiasmi  troppo, anzi veramente non mi entusiasma per niente,  la trovo soporifera, fredda e poco coinvolgente, pare che ripeta la lezione come una scolaretta. Non ho idea di come l’abbiano trovata, ma quello che salta all’occhio è che non sembra molto coinvolta da ciò che fa; e se lo è, non lo da certo a vedere.



Passiamo ai progetti realizzati: direi che spesso le creazioni sono improponibili, vuoi per bruttezza, vuoi per la labilità dell’oggetto realizzato (riuscirà a rimanere tutto insieme fino a domani?),  vuoi per la difficoltà nella pulizia. Riveste sedie, letti, poltrone o altro con la stoffa, incollandola o graffettandola con una sparachiodi: e quando si sporcherà/macchierà, come certamente succederà nel tempo, come faremo per pulirla?
 Abbiamo due strade:
 1) smontare tutto, mettere la stoffa in lavatrice e poi rifare il progetto.
2) infilare direttamente in lavatrice la sedia, il letto, la poltrona.

Trovo che, non sempre ma spesso, ciò che viene realizzato nel suo programma sia di una bruttezza tale da risultare affascinante. 





Sono però  inorridita quando, nel corso di una puntata, ho visto tagliare degli strumenti musicali per produrre una lampada che non faceva nessuna luce. 


Quanto costano i progetti realizzati?

Solo per avere a disposizione tutti gli attrezzi che usa c'è da spendere un capitale. Saldatore, pistola termica, trapano a punta, a tazza, con punta di diamante, levigatrice, sparachiodi, sega elettrica, e chi più ne ha, ne metta. Poi vanno aggiunti tutti i mobili e gli oggetti che utilizza, e che spesso sono nuovi di zecca, altro che usati!
Sorvolo sullo spreco di materiale: non so quanti chili di colla a caldo abbiano consumato, per non parlare di barattoli di colori acrilici e pennelli (non si usa lavarli, si buttano direttamente!). 
Ci sono poi mobili di un certo gusto, databili anni 50-60, che restaurati farebbero bella mostra si sé in molte case o in mercatini dell’antiquariato, e che vengono invece ridipinti in maniera discutibile, trasformandosi in vere pacchianerie. 



Ritengo che certi lavori dovrebbero rispettare lo stile del mobile, magari valorizzando certi particolari compromessi dall’usura del tempo.   Ma è solo un mio parere personale.

Ma il vero mistero è: 
che fine fanno le creazioni che fa Barbara……….Mah?




Spero esista un apposito cassonetto, perché riciclare quelle cose è praticamente impossibile!

Infine un dubbio che mi tormenta, impedendomi di dormire:

Come sarà arredata la sua casa?

Con i progetti che realizza nelle puntate?

In questo caso potrebbero cambiare il titolo della trasmissione:

da Paint your life a PIANT YOUR LIFE!



domenica 21 ottobre 2012

I diritti degli utenti al tempo del digitale


Quanti di noi utilizzano iTunes? 



Tra le persone che hanno sulle spalle qualche primavera, penso che molti non lo conoscano o non ne facciano uso; ma ci sono i figli e i nipoti, ormai praticamente tutti i ragazzi che hanno superato la decina d’anni utilizzano iTunes per scaricare musica. Questo è uno dei miti della nostra epoca, ogni epoca è fatta di miti e leggende che rivelano i sentimenti del periodo storico che stiamo percorrendo.

E quando scarichiamo musica da iTunes cosa acquistiamo? 

Non un bene fisico, non abbiamo acquistato un cd e nemmeno un brano: il possesso è diventato intangibile. Dite ciò che volete, sarò poco (o per niente) moderna, ma il verbo “comprare” per me equivale a toccare con mano l’oggetto del mio acquisto. Sarò materialista, ma spendo più volentieri 20 euro per un libro di carta, che 5 euro per un ebook. In buona sostanza il nostro acquisto su iTunes riguarda la concessione ad usare un servizio, per giunta non trasmissibile, quindi a tempo determinato: insieme alla nostra vita termina legalmente anche la vita di ciò che abbiamo acquistato e cioè la sua fruizione. Insomma, dopo la mia morte non potrò lasciare in eredità i miei amati Led zeppelin e Jimi Hendrix, solo per citarne alcuni.

Non vi pare una scemenza? 



Eppure è così. La licenza è nominale, non può essere passata di padre in figlio così come si fa con libri, cd e dvd. Allora la domanda è: non si può riversare questa eredità digitale su un comune hard disk? Nossignori. Non secondo le condizioni d'uso previste su iTunes, che vietano espressamente il trasferimento dei contenuti acquistati in favore di un terzo soggetto. 
E se lo facessi che potrebbe succedere? Un'irruzione della polizia nella mia casa, che si piazza al computer e cancella uno per uno tutti gli mp3 dall'hard disk?
Mi pare uno scenario poco probabile.

Viviamo nell’epoca del digitale, del dematerializzato: anche Amazon ha condizioni di utilizzo simili. Quando acquisti Jane Eyre non stai comprando il libro, ma solo il diritto a leggerlo.

Magari un pò di chiarezza non guasterebbe.

Intanto sarebbe preferibile che negli spot degli album fosse scritto “clicca qui per scaricare la licenza all’ascolto”, in modo che tutti siano consapevoli che non si sta acquistando niente.



Sarò una nostalgica che ama l’odore dei libri e il fruscio dei dischi in vinile, ma nell’era dell’iPad trovo che la carta abbia ancora una sua utilità: la posso riciclare facendo la cartapesta, ci posso  incartare oggetti, ci posso pulire vetri e specchi.
Con l’iPad mi risulta un po’ difficile incartare oggetti e pulirci i vetri. 
E anche fare la cartapesta!

sabato 13 ottobre 2012

Harry Potter e il portafoto




Non ho ancora postato i lavoretti che quest'anno abbiamo svolto con i bambini dell'oratorio feriale, le mie colleghe mi sgrideranno! Come ho già avuto modo di dire, unitamente ad altre mamme e nonne, ormai da molti anni ci organizziamo per intrattenere i bambini con dei laboratori creativi per tutta la durata dell'oratorio feriale; ogni anno ci dobbiamo spremere le meningi per trovare nuove idee e nuovi spunti, l'oggetto deve essere carino ma anche utile per i ragazzi, deve avere un costo contenuto...... ma non basta, i lavori devono essere adeguati alla manualità dei bambini. E qui sta la difficoltà, perchè la fascia d'eta varia dai sei ai quattordici anni, in pratica elementari e medie; ovviamente la manualità di un bimbo di sei anni è molto diversa da un ragazzino di tredici. In genere li dividiamo in tre fasce: i piccoli (I e II elementare) i medi (secondo ciclo elementari) e i più grandi (medie) e per ogni fascia prepariamo un lavoro a tema. 
Il tema viene deciso dall'oratorio e quello di quest'anno era Harry Potter!
Ammetto che in un primo momento siamo rimaste spiazzate, ci siamo dette "ma che facciamo? una scopa volante, una bacchetta magica, un paio di occhialini.....mumble, mumble", ma poi, a furia di mumblare, qualche idea ha cominciato a prendere corpo.
Questo è il progetto che abbiamo realizzato con il secondo ciclo delle elementari e con le medie: 
è un portafoto ispirato al maghetto più famoso di tutti i tempi!

  Ed ora una carrellata di foto dei lavori.............




Le civette......



Il libro


Le foto appese con le mollettine


Le guglie di Hogwarts



Alcuni dei ragazzi al lavoro


......e i loro bellissimi portafoto terminati!



.....e questa è la bacchetta magica che dobbiamo avere a portata di mano tutti gli anni per riuscire a star dietro a tutti i bambini!!